Non so davvero da dove iniziare. Vediamo…vi ricordate quando vi avevo detto che il libro “Le coordinate della felicità” mi avevano motivato a fare un viaggio? Ecco l’ho fatto per davvero. 

Sono partita a settembre del 2021 e tornata quasi tre mesi dopo. “Breve ma intenso” è quello che dico alle persone quando mi chiedono com’è andata.

 

ragazza alla pari

Uno dei momenti peggiori

Ci sono stati tanti momenti “no” in questo viaggio, ma non più di quanti ce ne siano stati belli. 

Ad ogni modo, sono grata anche di questi momenti. Lo so, è paradossale, ma incontrare delle difficoltà lungo il nostro cammino ci può far capire quanto in realtà siamo forti. Adesso, non voglio che pensiate che sia stata derubata, a dire il vero sì, ma questa è un’altra storia, o che abbia abitato in una topaia, o chissà cosa la vostra mente è in grado d’immaginare, però per una ragazza che fino a qualche anno fa non immaginava neanche lontanamente di fare un viaggio da sola, anche il più piccolo ostacolo può rappresentare una montagna invalicabile. 

Vi racconto allora uno dei miei momenti peggiori durante la mia esperienza come ragazza alla pari.

Ho perso l'autobus di notte

Ebbene sì, è successo davvero e ben due volte.

Io e Sara, una ragazza alla pari spagnola con cui avevo fatto amicizia, decidiamo di andare in discoteca un venerdì sera. Figo! Già non sono una tipa che va a fare la baldoria, poi ci sarei andata con una ragazza straniera, mi sentivo come Jane Fonda in “The Book Club”. Il mio ultimo bus era alle 3, continuavo a ripetermelo per convincermi di andarlo a prendere, perché mi stavo divertendo troppo per andarmene. Sara, tra tutto l’alcohol che aveva in corpo, la musica che ci sfondava i timpani e le nostre evidenti difficoltà nel parlare in inglese, faceva quel che poteva per darmi retta. “Non andare, aspettiamo il bus delle 6 insieme” mi dice. Non ci è voluto tanto per farmi convincere, così decido di rimanere, ignara di tutto quello che sarebbe successo. Alle 03:30 quando usciamo dalla discoteca, scopriamo che è tutto chiuso: bar, locali, tutto, persino McDonald.

L’Inghilterra non è proprio famosa per aver un clima caldo e ventilato come quello della Spagna, quindi iniziamo a girovagare per la città nella speranza che ci venga un’idea, mentre io maledico il momento in cui avevo deciso di indossare i tacchi. “Andiamo a casa mia” dice Sara. “Fantastico, un posto al chiuso dove bere qualcosa di caldo e fare due chiacchiere” penso. Invece no, perché poco prima di arrivare a casa sua mi rendo conto che Sara vuole tenermi nascosta come si nascondevano gli ebrei perseguitati. 

Non avevo contanti con me, dal momento che pagavo con Google Pay pure un bicchiere d’acqua. Il telefono era al 30% e avrei dovuto usare Google Maps e l’app della compagnia di trasporto per tornare a casa. Sara mi chiede se posso gentilmente levare le tende da casa sua abbastanza presto, dato che non voleva che la sua famiglia ospitante mi vedesse.  Così, colma di ansia e terrore, alle 04:45 parto e con me partono anche i miei viaggi mentali. 

Ecco il mio momento peggiore: camminare di notte, da sola, in uno stato inadatto a correre in caso di problemi e con il telefono mezzo morto. Era proprio lì la mia fine, potevo vederla. 

Ma andò tutto bene per fortuna, altrimenti non sarei qui a parlarvene. L’unica cosa che mi sono portata dietro di spiacevole dopo quella sera fu una tosse che durò diversi mesi. Covid? Chi lo sa.

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Vi avevo detto che ho perso il bus ben due volte. Se siete curiosi di sapere cosa è successo la seconda volta fatemelo sapere nei commenti con un 👍

2 risposte

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